Chiesa di San Filippo Neri


Chiusura temporanea a causa dei danni provocati dal terremoto


Realizzata nel 1733 su progetto di Pietro Loni di Lugano e Domenico Cipriani di Cesena come nuova sede dei filippini, la chiesa è caratterizzata da una pianta ellittica con cappelle laterali e dalla facciata in mattoni a vista con zoccolo e capitelli in pietra calcarea.

La seconda cappella di destra, dedicata a San Filippo Neri, conserva il capolavoro del Tiepolo (1740) raffigurante la “Madonna in gloria col bambino e San Filippo Neri”; la prima cappella di sinistra ospita un San Pietro Piangente , copia dall’originale del Guercino.

I Filippini ebbero tra il 1588 e il 1591, sotto la guida di ms. Angelo Matteucci, la loro prima sede a Camerino nella chiesa cinquecentesca di Santa Maria delle Carceri, poco fuori delle mura, per poi spostarsi in città nella chiesa di San Giovanni in Pescheria. La congregazione camerte fu riconosciuta nel 1600 con un breve papale di Clemente VII e fu oggetto di molte donazioni durante tutto il Seicento. Il 24 aprile 1733 fu approvato il progetto di costruzione di una nuova chiesa nel centro della città, ideata dal luganese Pietro Maria Loni (che si sostituisce al camerinese Liborio Raspantini e che a pochi anni di distanza progetta anche la chiesa filippina di Fabriano) e realizzata da Domenico Cipriani da Cesena. Il 5 ottobre 1734 la chiesa era già giunta a copertura, tanto che il 20 maggio 1735 si può dare inizio alle decorazioni interne, mentre risale al 25 maggio 1740 la consegna della pala eseguita dal Tiepolo. Nel 1746 fu innalzato il campanile, che crollò col terremoto del 1799, mentre con l’intervento di Clemente Moghini si ha la conclusione dell’edificio, con la costruzione della facciata a due ordini.

La fascia superiore della facciata, culminante in un timpano centinato ad arco ribassato e corrispondente alla larghezza della navata centrale, è raccordata a quella inferiore, divisa in tre campate da paraste binate, tramite delle volute che vanno a poggiare sui pilastri angolari. Il prospetto, in rosso laterizio su uno zoccolo di calcare bianco, con una bicromia che ricorre in tutta la facciata (anche a sottolineare gli altri aspetti decorativi delle basi e dei capitelli ionici delle paraste, dei portali e delle urne del coronamento), è in equilibrio tra tendenze ancora barocche ed un’allusione al classicismo (che si stava diffondendo con l’opera del Vanvitelli), i cui richiami sono ben visibili nell’interno, con una navata ad ellissi allungata e il presbiterio dominato dall’altare della SS. Trinità. Due grandi cappelle laterali, profonde quanto il presbiterio, tagliano in due la chiesa che risulta così modificata in una chiesa a pianta centrale, con l’aggiunta di una profonda abside introdotta da un maestoso arcone trionfale strombato. Alle due grandi cappelle centrali della navata se ne affiancano altre due per ciascun lato, comunicanti con la centrale, in modo da dare grande respiro spaziale al centro dell’edificio. La prima cappella di destra conserva un San Pietro piangente, copia, forse di mano di Bartolomeo Gennari, dall’originale del Guercino del 1639 conservato ad Edimburgo nella National Gallery of Scotland (del quale esiste un’altra copia al Museo di Palazzo Venezia a Roma), e donato nel 1744 da Camillo Matteucci, in memoria del padre fondatore Angelo Matteucci. La seconda cappella, dedicata a San Filippo Neri, conserva il capolavoro del Tiepolo, descritto in seguito più dettagliatamente, mentre nella terza cappella di destra si ha una tela con l’Educazione della Vergine dello jesino Luigi Domenico Valeri. Nella prima cappella a sinistra si conserva, invece, un Crocifisso, mentre nella seconda una Deposizione dalla croce di Anonimo e nella terza una Morte di san Giuseppe sempre di mano del Valeri, a fare pendant all’Educazione della Vergine, collocata nella cappella opposta.

La pianta della chiesa si distacca in modo significativo dalla comune tipologia delle chiese filippine delle Marche e i precedenti di questo modello si possono identificare nella chiesa di Sant’Alessandro a Milano di Lorenzo Binago e San Carlo ai Catinari di Rosato Rosati.

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